Informazione – In quale paese viviamo?

Avrà ragione Beppe Grillo che lo scorso 25 aprile, a Torino, al V2 Day, ha attaccato l’informazione – televisione, quotidiani, giornalisti – accusandoli di essere al servizio dei potenti? “L’otto settembre (ndr, data del primo V day) – ha detto Grillo – l’informazione, che aveva del tutto ignorato il V day, è stata la prima ad attaccarlo. Il potere ha capito che il gioco gli veniva sottratto dalle mani. Il cittadino informato non è controllabile dal potere. E il potere vive grazie al controllo dei media. Le banche, la Confindustria, Mediaset e i Partiti usano le televisioni e i giornali per fare propaganda, assumono i direttori dei giornali come fossero addetti dell’ufficio stampa. I politici senza gli studi televisivi ritornerebbero al nulla dal quale provengono… Questo – ha proseguito Grillo – è un Paese che non sa nulla di sé stesso. Nulla sulla morte di Borsellino, sull’Italicus, su Ustica, su Piazza Fontana, sulla stazione di Bologna, sulle bom be di Brescia, su Aldo Moro. Non sa nulla sulla sua vera realtà economica e su un debito pubblico di 1630 miliardi di euro che ci sta trascinando a fondo, all’Argentina. Un Paese cieco sulle cause delle stragi sul lavoro, sul precariato, sulla cementificazione, sugli inceneritori, sul Sud consegnato alle mafie”. La conclusione di Grillo è che contro una informazione corrotta – l’infezione che ogni giorno aggrava la vita del nostro paese – ce la può fare solo il desiderio di libertà e di verità dei cittadini, e la Rete che li collega l’uno all’altro, liberamente.


Sarà solo la Rete l’unica cura – OLI e la nostra NL si muovono da tempo in questa direzione – di una informazione malata? In Italia – ha detto Marco Travaglio parlando dopo Grillo dallo stesso palco – buona informazione e giornalisti non corrotti esistono; ma bisogna cercarli qua e là sulle varie testate o nelle varie trasmissioni. Il guaio è che non è facile trovarli mentre invece ne abbiamo molto bisogno..
Abbiamo bisogno di buona informazione per capire finalmente in che paese viviamo. La buona informazione è ad esempio quella che non si limita a censire gli incidenti sul lavoro o a far la cronaca dei funerali se ci vanno le autorità ma è quella che spiega perché in Italia si muore di più che altrove.
Un esempio di buona informazione l’ha dato, lo scorso primo maggio, “Fahrenheit” (www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit) che, su Rai 3, di incidenti e di morti sul lavoro ha parlato a lungo. Tra l’altro è stato presentato un libro – “Di fabbrica si muore” (Ed. Manni, 2008, 104 pagine, euro 11,00) di Alessandro Langiu e Maurizio Portaluri – che racconta la storia di Nicola Lovecchio, operaio del petrolchimico di Manfredonia, che nel 1994 scopre di avere un tumore ai polmoni che gli provocherà poi la morte.
(Manlio Calegari)