Ancora G8 – Licenza di mentire ai superpoliziotti

Repubblica30 marzo 2008. “Menzogne e versioni concordate così tentarono di sviare le indagini” Le parole – contenute nelle 50 pagine che 4 pubblici ministeri e un procuratore aggiunto hanno consegnato al giudice per le indagini preliminari – riguardano 3 alti funzionari dello stato. Sono De Gennaro, ex capo della polizia e capo di gabinetto del ministro degli interni in uscita, Colucci, ex questore di Genova recentemente promosso a prefetto, e Mortola, nel 2001 capo della Digos genovese e oggi questore vicario a Torino.


“Menzogne e versioni concordate” dai suddetti riguardano l’irruzione alla scuola Diaz e il massacro e l’arresto con prove fasulle di 93 no-global. Secondo la ricostruzione della procura il bugiardo è l’ex questore Colucci, che nell’udienza del 3 maggio 2007, ha modificato le dichiarazioni fatte in precedenza. Chi gli ha suggerito di dire le bugie, cioè seguire un’altra linea di condotta, sarebbe il capo della polizia, De Gennaro. Mortola infine si sarebbe assunto il compito di fare da tramite tra i due. Perché De Gennaro voleva che il questore Colucci cambiasse la versione dei fatti? Perché, risponde la procura, in questo modo lui risultava estraneo ai fatti e ne veniva fuori pulito. E quali vantaggi ne avrebbe ricevuto in cambio? Il documento dei procuratori non lo dice ma visto che Colucci, Mortola e compagni hanno fatto carriera significa che il loro comportamento è stato giudicato encomiabile dagli organi disciplinari del corpo.
Accuse pesanti, quelle contro i tre poliziotti, sostenute da prove – intercettazioni telefoniche – difficilmente contestabili. Confermano in modo inequivocabile l’invito di De Gennaro a Colucci “a fare marcia indietro” e di “aggiustare un po’ il tiro sulla stampa”, così, tanto “per aiutare i colleghi”. E i complimenti ricevuti da quest’ultimo dopo aver cambiato versione dei fatti di fronte ai giudici.
Sarà il dibattimento a chiarire in modo definitivo le posizioni di ognuno. Ma già oggi qualcosa è certo: che questi signori, chiamati a suo tempo a testimoniare, hanno – prima e dopo – parlato tra loro di fatti su cui erano stati chiamati a deporre dai magistrati, e non contenti di comunicarsi le rispettive deposizioni, hanno fatto sapere ad altri colleghi, coinvolti e non, quale fosse la linea di condotta che avevano scelto e le correzioni apportate in corso d’opera. Funzionari pubblici di altissimo livello, con compiti di sicurezza e di indagine, che neppure sono sfiorati dal dubbio che il reato previsto dagli articoli 110 e 372 del codice penale riguardi anche loro come ogni altro cittadino italiano. Funzionari pubblici di altissimo livello che, oltre a depistare gli inquirenti, ne parlano con disprezzo: siamo più furbi di loro, li abbiamo sbaragliati. Se lo dicono tranquilli, al telefono. Si considerano al di sopra della legge.
(Manlio Calegari)