Aree Cornigliano – Distripark: risorsa o mito fasullo?
Sembrava che a Genova la lezione fosse stata capita: non più Fiumara, le aree strategiche vanno destinate al porto. Anche le aree liberate dall’Ilva, a parte gli interventi pubblici di riqualificazione urbana a Cornigliano, dovevano servire alle “funzioni logistico-portuali”, ovvero al distripark, un’area attrezzata per la manipolazione delle merci in transito portuale, per l’assemblaggio dei componenti dei prodotti finiti, per il loro smistamento verso le destinazioni finali.
La realizzazione del distripark resta, a parole, uno dei progetti salienti della Società per Cornigliano Spa (presidente del Cda, Claudio Burlando), “proprietaria delle aree e destinataria dei finanziamenti stanziati per attuare la riconversione delle aree dell’Ilva” (www.percornigliano.it). Il suo sito recita: “L’Area Logistico-Portuale che ci si propone di realizzare a Cornigliano è un primo passo in questa direzione”. Purtroppo, sembra che il primo a non crederci sia proprio Claudio Burlando che, nella doppia veste di presidente della Regione e presidente della Società per Cornigliano, avrebbe per legge il compito di realizzarlo.
Nell’intervista al Secolo XIX del 22 luglio 2007, a due anni della firma dell’Accordo di programma, e dopo numerosi interventi entusiasti sul progetto di distripark da parte di esperti di logistica portuale (“più valore aggiunto, più posti di lavoro ecc.”), Burlando qualificava l’idea di distripark come mito fasullo: “in due anni non un operatore portuale [in particolare, Negri, Messina, nda] si è fatto avanti per le aree lasciate libere”… Il distripark, per ora, lo ha fatto Riva”. Il Secolo XIX del giorno seguente giudicava “inquietanti” le convinzioni del governatore che sembrava adoperarsi per cercare interessati solo in ambito locale.
A smentire il pessimismo di Burlando Repubblica del 5 agosto fa sapere che l’apertura della procedura per l’assegnazione del distripark rivelava “una valanga di manifestazioni di interesse”: diciannove proposte. “Non ci sono solo terminalisti – spiegava il presidente Novi – ma anche autotrasportatori, cantieri nautici, società di riparazione e di costruzione navale, perfino aziende di abbigliamento che sarebbero interessate a realizzare dentro il distripark attività di manipolazione e di confezione delle merci provenienti dall’Asia. Segno che l’area in gioco è molto appetibile”.
Pochi giorni dopo il suo insediamento, sul Secolo XIX del 20 febbraio 2008, il presidente dell’Autorità portuale Luigi Merlo conferma l’idea del distripark: “Su quelle aree, come già deciso da tempo, sorgerà un distripark a servizio dello scalo. Per l’assegnazione sarà seguita una procedura di evidenza pubblica il più trasparente possibile”.
Passa un mese e, al primo incontro ufficiale con Burlando, Merlo dichiara che l’eventuale richiesta di Riva di rivedere tutto l’accordo sulla siderurgia “potrebbe essere l’occasione di chiedere più aree…Se invece si resta sui 130.000 metri quadrati dell’accordo, che non sono sufficienti per un vero distripark, la mia idea è di utilizzarli in parte per un autoparco da 400-500 mezzi” (Repubblica-Lavoro, 20 marzo 2008). Laconico, S. Cafasso sull’Avvisatore marittimo dello stesso giorno: “Finisce quindi in archivio il progetto di distripark”.
(Oscar Itzcovich)