Indulto – Tra sostegno e ritardi
A diciotto mesi dall’applicazione dell’indulto un detenuto su tre è tornato in carcere, ed in alcune situazioni la percentuale è ben più alta. A sentire gli addetti ai lavori uno dei problemi principali è rappresentato da chi commette reati, inizialmente di minore entità e poi via via crescendo con il tempo, che si trova in una situazione di disagio sociale ed economico, privo di una rete di sostegno, di un lavoro, di una famiglia, in situazioni di tossicodipendenza o di clandestinità. Sul Secolo XIX di venerdì 22 febbraio una buona notizia: 27 detenuti sono stati inseriti presso 15 aziende nell’ambito del progetto “Lavoro nell’inclusione sociale dei detenuti beneficiari dell’indulto”, promosso dai ministeri del Lavoro e Previdenza sociale e della Giustizia. Ne parla Milò Bertolotto, assessore provinciale con delega alle carceri, sottolineando alcune difficoltà, fra le quali spicca “che quando il provvedimento è stato emanato l’indulto già c’era stato, e chi era uscito non era al corrente dell’opportunità lavorativa”. Nell’ultimo anno, dopo alcuni incontri per la stesura del curriculum e la ricerca del lavoro promossi dalla Provincia, si è arrivati all’inserimento lavorativo di 27 persone, che, in quanto detenuti, hanno poche opportunità di stabilizzazione professionale e molte di restare in quel giro di reiterazione del reato che ha riportato in carcere un detenuto indultato su tre. E’ sicuramente una buona notizia, ma non esime dal chiedersi come mai sia stato approvato l’indulto e i finanziamenti per il reinserimento dei detenuti beneficiari dell’indulto siano arrivati mesi se non un anno dopo, costringendo gli operatori del carcere ad andare a cercare dopo molto tempo i detenuti indultati, e quando ormai un terzo di essi sta tornando dentro.
(Maria Cecilia Averame)