Costume – Dal body painting al tanga e al velo

Un amico straniero, architetto, è recentemente venuto in Italia per partecipare al “MADE Expo – Milano Architettura Design Edilizia”, una esposizione che si è svolta a Milano tra il 5 e il 9 febbraio e che ha attirato moltissimi visitatori da tutto il mondo. Quel che racconta, però, attiene più alla sociologia e alla cultura che alla edilizia e all’architettura. In ogni stand – dice – ci sono come di consueto graziose ragazze che “fanno figura”. Ma la novità che lo ha colpito è stata lo stile – abbigliamento e modo di porsi – che si è fatto sessualmente molto esplicito ed aggressivo.


Se questa è la linea generale di tutta l’esposizione, c’è chi va oltre: una ditta produttrice di colori esibisce in una gabbia di vetro una ragazza, vestita solo con un tanga, che viene via via dipinta con i colori da pubblicizzare, si presume e si spera in versione bio compatibile. Intorno frotte di visitatori tempestano la fanciulla di fotografie. L’amico architett o commenta: “Fatti uno stage di televisione serale per una settimana e troverai ben peggio da criticare. Se ti viene la tentazione di spegnerla subito, cerca di resistere e ti renderai conto della cultura media che gira oggi. Nella generazione dei 700 euro mensili, se una bella ragazza si fa pagare 2000 euro al giorno per 5 giorni nuda per farsi dipingere, si considera un buon affare…”
Nello stesso mondo che ospita le veline televisive e fieristiche, qui, oggi, in Via del Campo, si vedono comparire le prime donne completamente velate, mentre si moltiplica il numero di quelle che portano lo hijab.
Nonostante la distinzione che in molti potrebbero legittimamente fare tra un simbolo identitario e religioso e un abbigliamento che nasce dall’uso commerciale del corpo delle donne, il nesso tra il body painting dell’Expò di Milano e le donne velate del quartiere è più che chiaro e mi inspira una visione: migliaia di donne variamente vestite secondo il proprio estro, desiderio, piacere e comodità che con calma e determinazione riducono in coriandoli gli abiti e i non-abiti imposti dalla volontà di controllo e di sfruttamento degli uomini per poi spargerli, con un gesto di libertà, sulle oneste pietre di una Piazza De Ferrari finalmente liberata – anche lei – dalle sue ridicole fontanelle e praticelli e restituita a se stessa.
(Paola Pierantoni)