Burocrazia – Timbro per la vita o per la morte

“Questo ufficio si sta riempiendo di fantasmi e se non trovo il coraggio di rendere testimonianza alla loro vita ed alla loro morte, soffoco io e saranno dimenticati loro”. Questo è l’incipit di una mail che circola dai primi di dicembre negli ambienti che si occupano di immigrazione e che è stata pubblicata sul sito http://www.peacelink.it/editoriale/i/2663.html.
L’ha scritta una funzionaria della Prefettura di Firenze, Daniela Pierini, che ha deciso di rendere pubbliche alcune storie (mortali) di “ordinaria burocrazia”.


Una è quella di un cittadino somalo che vive a Firenze con un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il ricongiungimento familiare con i quattro figli rimasti in Somalia è reso impossibile dal disastroso intreccio tra le nuove norme che recepiscono una direttiva europea sui ricongiungimenti familiari, e dal mancato varo, invece, di quelle relative alla “protezione sussidiaria” che dovrebbero stabilire i diritti delle persone con permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Un giorno il cittadino somalo torna all’ufficio della Prefettura per vedere se si è sbloccato qualcosa, e scoppia a piangere: nel corso della attesa due dei suoi quattro figli sono morti.
Resta da pensare a quelli ancora vivi. Ma, aggiunge la funzionaria della Prefettura, se pure il problema legislativo troverà prima o poi una soluzione e se mai giungerà il nulla osta per il ricongiungimento familiari, lei – nelle sue vesti di pubblico ufficiale – sarà costretta a indicare a questi giovani una strada illegale e pericolosa: e cioè scappare clandestinamente in Kenya, attraversando un confine chiuso, con il rischio di farsi sparare addosso, per poter andare a ritirare il permesso alla nostra Ambasciata a Nairobi. La strada ordinariamente percorsa, quella attraverso l’Etiopia, infatti è ormai interdetta: il Ministero dell’Interno ha precisato con una sua circolare che l’unica rappresentanza accreditata a rilasciare il visto è quella in Kenya. L’origine di questo assurdo sta nella decisione di accogliere la richiesta dell’ambasciatore italiano ad Addis Abeba che lamentava l’aumento del numero delle richieste dei visti di ingresso nella propria Ambasciata.
L’episodio del cittadino somalo è solo uno di quelli rievocati da Daniela Pierini che conclude:
“In tutti questi anni di lavoro (ormai sono quindici) con richiedenti asilo, rifugiati e rom non so più quante volte mi sono trovata a confrontarmi con la morte. Lo so che tutti hanno le loro ragioni e spiegazioni per tutto questo, quello che nessuno sembra avere sono le responsabilità”.
(Paola Pierantoni)