Passato e futuro – Come fare mercato a spese del verde

Il futuro, il nuovo mercato all’ingrosso di Genova, si può vedere all’uscita del casello autostradale di Bolzaneto. Travi metalliche tese verso il cielo della modernità; attorno il deserto, terra smossa accatastata, nessun mezzo al lavoro. “C’è ancora qualche problema”, dicono i bene informati. E chi non ne ha. E quale la data fissata? La primavera, forse… comunque prima dell’estate. Il problema? Non si dice ma si sussurra che sia una questione di frigoriferi… Beh, sì; sono frigoriferi grandi…


E il passato? E’ ancora lì, in corso Sardegna, che fa il suo dovere in attesa di passare le consegne. Dopo 20 anni di assemblee, proteste, promesse e rassicurazioni, il gran giorno, l’ultimo, si avvicina. Benissimo e poi? E poi non si può sapere. Perché quello che appariva chiaro un tempo oggi risulta nebuloso; o peggio.
Possibile? E’ possibile sì, tanto che ne ha scritto, sul Secolo XIX del 28 ottobre 2007, un professore di diritto (“Genova e l’assurda storia del mercato all’ingrosso”). Sostiene che il mercato di corso Sardegna sarà come spesso è successo in questi anni un caso di “privatizzazione dello spazio pubblico”. Per la più ampia zona della città soggetta a riqualificazione urbanistica la giunta guidata dal sindaco Adriano Sansa nel 1996 aveva chiesto agli abitanti del quartiere quale destinazione avrebbero voluto per le aree dismesse. “Interpellati da un apposito questionario, gli abitanti espressero i loro più riposti desideri e quasi trasecolarono nel vederli accolti nel Piano regolatore generale (Prg), divenuto poi, nel 2000 Piano urbanistico comunale (Puc).
Nel Puc si stabilì che l’area fosse destinata per il 75% a spazio pubblico, verde e attrezzato: dovevano esserci centri sociali, limiti all’edificabilità e ai parcheggi, esclusione di nuovi centri commerciali, una nuova sala polifunzionale per musica, cinema e teatro da 1.500 posti”.
“Cambiò l’amministrazione, e i nuovi gestori della cosa pubblica, dinanzi a espressioni astruse come Piano regolatore o Piano urbanistico dovettero chiedersi: si tratta forse di nuovi strumenti musicali? Detto fatto, indissero un concorso di idee di urbanistica partecipata … puntualmente vinto da un progetto che stravolgeva il Puc: riducendo il verde, aumentando gli insediamenti commerciali, introducendo quattro piani di box auto sotterranei in una zona soggetta a rischio allagamento, almeno secondo il Piano di bacino (altro strumento musicale)”. Gli stessi amministratori, prima di essere sostituiti dagli attuali, adottarono il sistema del project financing, “altra pittoresca espressione che indica la cessione dell’area ai costruttori per 93 anni, a fronte di un canone irrisorio”. Un sistema incompatibile con il Puc che è o dovrebbe essere uno strumento urbanistico vincolante.
Giustificazioni del malaffare? Ne ha dato conto il Mercantile (19 e 23 novembre 2007). Il rischio ha detto l’assessore ai lavori pubblici è il degrado, la terra di nessuno, i balordi: il Comune non ha soldi e ha seguito una strada obbligata. Più esplicito ancora l’assessore al commercio: poteva far cassa e venderci l’area, ha detto. Non lo abbiamo fatto solo per tutelare gli abitanti.
Tradotto: statevene buoni e contenti. Chiaro?
(Manlio Calegari)