Bamboccione per forza o per comodità?
Da Lettere a Repubblica (mercoledì 24 ottobre)
Sono una bamboccione di 26 anni, e non volendo più essere tale avendo trovato un lavoro stavo prendendo in considerazione di andare a vivere per conto mio.
Giustamente i miei genitori mi hanno detto che avrei dovuto imparare a mantenermi da solo, quindi la prima cosa a cui ho pensato è stata quella di ridurre le spese.
Mi sono informato quindi come pagare le tasse universitarie. Mi è stato richiesto dalla segreteria il modello ISE, nel quale devo indicare il redito dei miei genitori.
Secondo la legge per altri due anni il mio reddito anche se vivrò da solo, dovrà essere accomunato a quello dei miei genitori, quindi pur dovendomi mantenere con uno stipendio di 1200 euro al mese dovrò continuare a pagare la quota massima, come fossi ancora in famiglia.
Mi domando inoltre se decidessi invece di sposarmi ed avere un figlio subito (a 26 anni dovrebbe essere nell’ordine naturale della vita) se mio figlio avrebbe diritto o no ad entrare in un asilo nido: credo di no perché dovrò ancora per due anni sommare il mio stipendio a quello dei miei genitori. Ho deciso: continuo ad abitare con i miei. Inoltre se mi sposerò sceglierò la convivenza e non il matrimonio così se diventerò padre la mia compagna risulterà ragazza madre e avrà tutte le agevolazioni del caso.
Queste le considerazioni di un bamboccione per forza e non per scelta.
(Marcello Pennetta)
Mi permetto di segnalare tre cose sulla lettera in questione: Innanzi tutto la dichiarazione ISEE viene eseguita tenendo conto della dichiarazione dei redditi e della residenza nell’anno precedente, quindi basta un anno di ‘indipendenza’ per essere considerato nulceo familiare autonomo. Le fasce ISEE per il diritto allo studio prevedono facilitazioni, in proporzione, che possono raggiungere anche nuclei familiari con due stipendi fissi a tempo pieno e casa di proprietà: se la famiglia originaria supera questi livelli, si immagina che possa essere quindi in grado di pagare la retta piena. Il lettore proviene da una famiglia dove i genitori gli hanno detto che avrebbe ‘dovuto imparare a mantenersi da solo’, ed ha comunque la possibilità di tornare in famiglia se il suo progetto di indipendenza fallisce. Smettere di ‘essere bamboccioni’ non potrebbe anche significare imparare a rendersi conto del confine fra diritti e privilegi, a capire che il figlio di due liberi professionisti ha, grazie alla sua famiglia, maggiori possibilità di riuscire all’università di un figlio di un operaio e di una OSS, per esempio, e che lo Stato attraverso le facilitazioni per il diritto allo studio ha il dovere di sostenere chi economicamente non riesce a pagare tali spese, mentre chi ha una solida famiglia alle spalle ha comunque la possibilità di portare avanti i suoi studi universitari? Il nostro lettore, andato a vivere da solo, si sente veramente tanto ‘indigente’ da dover chiedere contributi allo Stato per pagare le sue tasse? Se la sua famiglia originaria lo fosse veramente, anche con l’ISEE incrociato con i redditi suoi e dei suoi genitori avrebbe diritto a questo. Ultima cosa: convivenza e matrimonio ai fini ISEE non hanno alcuna differenza. Viene sommato il reddito dei residenti nello stesso nucleo familiare=aventi lo stesso domicilio. Per essere considerata ragazza madre (e far valere il proprio solo stipendio ai fini ISEE) la sua fidanzata dovrebbe dichiarare di vivere da sola. E questo, se non fosse vero, sarebbe una truffa.
(m.c.a.)