Miopi rinvii – Una moschea per pregare lontano dalla monnezza
“Siamo stati sfrattati dall’unico luogo della provincia di Genova dove potevamo praticare la nostra religione, svolgere attività sociali, culturali, educative. Una moschea (centro culturale islamico) è un fatto di civiltà… La libertà religiosa è un diritto costituzionale”. Così diceva un volantino del lontano 1999, firmato Centro Islamico culturale di Genova.
La fotografia (cliccare qui), presa nel Giugno 2005, ritrae la vita ordinaria di uno dei centri di preghiera islamici (quello di vico dei Fregoso, accanto ai mezzi dell’Amiu), sorti informalmente qua e là nella città dopo la cancellazione della moschea di via Bologna.
Dal 1999 ad oggi assistiamo in merito ad una sequenza di impegni disattesi, rinvii, rimpalli di responsabilità che stanno facendo vivere a migliaia di islamici genovesi una frustrazione molto pesante: la negazione di fatto della dignità del loro credo religioso e della loro cultura, l’esperienza vissuta del dovere praticare i propri riti in condizioni avvilenti.
Dire, come ha detto la sindaco Marta Vincenzi, che la moschea si farà, “che non vi è alcun pregiudizio da parte nostra”, ma che non crede “che si tratti di una priorità per il 2009” (Il Secolo XIX del 27 settembre 2007) è una sottovalutazione di questa vicenda.
Sarebbe finalmente di sfidare l’impopolarità di cui parlava Bruno Gabrielli (Repubblica del 30 settembre 2007) non solo per affermare valori che sono propri della democrazia, ma anche per non mettere in difficoltà chi, tra i cittadini di cultura islamica, si impegna da anni per diffondere nella propria comunità la ricerca del dialogo e della convivenza armoniosa con la città ospitante.
(Paola Pierantoni)