Carige – La scalata di Venezia interessa Genova?
C’entra la Carige, la banca più importante della città, con i governi di Comune, Provincia e Regione? Perché un rapporto c’è: Carige è una cassa di risparmio e la legge prevede che il suo compito di indirizzo sia -detto in soldoni- quello di trasferire alla comunità, tramite la Fondazione omonima che possiede circa il 44% delle azioni della banca, le rendite provenienti da una così cospicua immobilizzazione. Per questo nella Fondazione, nei Consigli di amministrazione e di indirizzo che la dirigono, siedono rappresentanti indicati dagli enti locali.
E questi rappresentanti della politica cosa pensano di come la Fondazione, la cassaforte della città, spende i suoi soldi? Non lo sappiamo.
A due anni di distanza dall’ultima discussione pubblica conclusa con un “protocollo di intesa” – dove (Repubblica 16 novembre ’05) oltre la fine delle polemiche si stabilivano nuovi criteri di collaborazione tra sindaco, presidente della Provincia e presidente della Fondazione – l’unanimismo (e il silenzio) hanno vinto. Scelta (unanime) d’un nuovo presidente della Fondazione, scelti (unanimemente) i consigli di amministrazione e indirizzo, unanime il consenso di partiti e isituzioni alla decisione della Fondazione di restituire meno alla città per reinvestire invece le sue immobilizzazioni in titoli Carige di cui è già principale azionista.
Scandalo? Ma per carità: dal palazzo solo silenzio. Taciturna anche la stampa locale che a suo tempo aveva dato notizia con un certo imbarazzo delle inchieste dedicate da Il Sole- 24 Ore (16 febbraio 2005) a Carige (“Carige crocevia delle scalate bancarie. La regia di Fazio e il ruolo di Grillo. I legami con gli immobiliarist i”) e dal Corriere della Sera (23 ottobre 2006, “Il caso della banca Carige, la banca di famiglia” e ancora “I rapporti non trasparenti fra l’istituto genovese e le due assicurazioni controllate…. L’oscuro capitolo immobili… Fiduciarie , bancarottieri, capital off-shore. E una rete di parenti nei posti chiave…”).
Ce l’hanno con noi perché non possono divorarci (bancariamente, si capisce) e non siamo disposti a fare da lepre, aveva detto pressapoco il presidente di Carige, Berneschi. Così Carige (la lepre!) è arrivata indenne alla fine dell’estate 2007 quando ha annunciato di aver acquistato 78 nuovi sportelli liberati su richiesta dell’Antitrust da Intesa San Paolo. Controvalore circa un miliardo di euro; da qui la necessità di un aumento del capitale. Deciso (Secolo XIX, 2 ottobre ’07) dal Cda di Carige, sarà a breve sottoposto alla approvazione di una assemblea straordinaria. E la Fondazione? Ha praticamente già dato il suo assenso. “La Fondazione farà fino in fondo la sua parte sottoscrivendo per intero la sua quota di capitale che dopo le recenti acquisizioni è risalito al 44,12 % (Repubblica 25 settembre).
Commenti? Nessuno. A parte il solito Il Lavoro (Repubblica 11 settembre ’07) che, messo mano ai ricordi scolastici, ha titolato: “Carige, maxiacquisto di sportelli. Conquistata anche Venezia. Il vessillo genovese sventolerà su piazza san Marco…”.
(Manlio Calegari)