Management – Perchè non vola quel Colombo

“L’aeroporto che non decolla” è uno dei titoli dell’ampia inchiesta che sul Cristoforo Colombo hanno fatto Francesco Ferrari, Ferruccio Sansa e Francesco Segoni (Secolo XIX, 17, 18, 20, 21 settembre 2007). Inaugurato nel 1986 come “aeroporto internazionale”, dopo 21 anni, “non ha ancora deciso che fare da grande”. Controllato dall’Autorità portuale (60%), Camera di Commercio (25%) e Aeroporti di Roma (15%) appare tuttora privo di ogni strategia.


Tutti i termini di confronto con gli altri aeroporti (Bergamo, Pisa e Marsiglia) sono a dir poco deludenti: traffico, collegamenti internazionali, costi delle tratte. Al Galileo Galilei di Pisa, per fare un esempio, “alzi gli occhi al tabellone delle partenze e scopri che da qui potresti partire per 52 destinazioni diverse. Sì, da questa città di 87.000 abitanti (un settimo di Genova) si possono raggiungere 9 destinazioni italiane, ma soprattutto 42 europee e addirittura New York”.
Lo stato in cui versa lo scalo genovese è ben rispecchiato dall’intervista a Marco Arato, uomo di fiducia del presidente della Regione, consigliere di amministrazione dell’associazione Maestrale, nominato il 3 giugno 2007 presidente del Cristoforo Colombo. Una scelta definita da Marta Vincenzi formalmente corretta, ma politicamente discutibile perché fatta a urne ancora aperte, con il sindaco ancora da insediarsi (Secolo XIX, 1° giugno 2007).
Forse abituato alle domande compiacenti, Marco Arato snocciola una serie di risposte sconcertanti: “L’aeroporto riflette le difficoltà della comunità… Noi i voli li avevamo anche messi, ma poi le compagnie li cancellano per mancanza di passeggeri…Occorre realizzare un buon servizio navetta. Ma bisogna lavorarci tutti insieme. Purtroppo però ognuno tende a pensare al proprio particolare…”
“E i bus? – incalza il giornalista – A Pisa ci sono decine di collegamenti, a Genova il servizio Volabus è sempre meno frequente e taglia fuori il Levante cittadino…”
“È una scelta dell’Amt”.
“Il quadro è piuttosto sconfortante, non le pare?”
“Noi facciamo la nostra parte…”.
“C’è chi le contesta di non essere un esperto del settore e di avere già un’importante attività di avvocato. Pensa di avere tempo e competenze sufficienti per gestire uno scalo che ha bisogno di rilancio?”
“Se ho accettato l’incarico vuole dire che credo di poter fare il mio lavoro con il massimo impegno. E poi, comunque, io non ho deleghe operative”.
Viene da chiedersi chi ha le deleghe operative, ma forse è inutile di fronte a un piano di sviluppo industriale che pare soltanto basarsi sull’attirare le compagnie low-cost con il contribuito esclusivo dei soldi pubblici: “Noi paghiamo 3 milioni di euro in cinque anni. A Torino spendono 20”, lamenta Arato.
Da segnalare i contributi dei lettori (finora più di 200) che nella versione online del Secolo XIX (www.ilsecoloxix.it), con le loro osservazioni e esperienze, arricchiscono continuamente l’inchiesta.
(Oscar Itzcovich)