Cambiare è possibile?/1 – In marcia il partito chiamato Walter

All’aeroporto, mentre partivo per il Malwi con una scolaresca di un liceo, uno dei ragazzi – sapete di quelli che fanno casino, che hanno i jeans che cadono e le mutande che spuntano fuori dei calzoni – si avvicina e mi chiede: “Signor sindaco? Vuole saper cosa c’è scritto sulle mie mutande?”, “Va bene…Dimmi cosa c’è scritto…”, “Sala giochi!”. Ecco – pensate – proprio lui è quello che si sta impegnando di più oggi per la gente di quel posto. Al ritorno dall’Africa piangeva e mi abbracciava. Questa mattina mi ha chiamato sul cellulare parlandomi di tutti i suoi progetti. Questi sono i giovani ed il problema è nostro! Non loro! Loro ci cercano ma non ci trovano!


C’è anche Giulia, nel discorso alla Festa dell’Unità di Walter Veltroni. E’ diventata un simbolo della sua campagna elettorale. Ne ha parlato al Lingotto e l’ha ricordata ancora ad una platea genovese di gente matura. Giulia è morta di cancro quest’anno. Ma prima di andarsene ha voluto regalare ai genitori per Natale due adozioni a distanza. Una storia intima. Sincera. Autentica.
Veltroni si racconta così. Attraverso di loro. Li offre come in un gioco di specchi. La gente si commuove e sorride. Il leader parla al cuore. E’ la messa in scena della politica ideale. La realizzazione di un sogno collettivo, in cui finalmente è possibile trasformare il partito in casa, la coalizione in armonica unione. La canzone “Ma il cielo è sempre più blu” che accoglie il candidato, aggiunge un tocco di regia all’incontro. Tutti si alzano, applaudono carichi di gioia. Nell’aria il consenso si materializza. E’ l’entusiasmo dato dalla certezza che la strada scelta è la migliore. L’Italia di Veltroni è consapevole del proprio passato, piena di occasioni, di risorse che il Partito Democratico saprà rappresentare. Il quadro futuro del candidato – nel linguaggio tecnico “vision” – è pieno di luce e colori pastello, perché il paese è ricco di storia e bellezza dalle quali attingere per renderlo ancora migliore. Così i ragazzi delle scuole dovranno leggere “Le lettere dei condannati a morte della resistenza italiana”, scritte da muratori e panettieri che per l’Italia “hanno perduto la loro vita a sedici diciassette anni”. Sicurezza, tasse e lavoro sono nodi sciolti affrontando ogni problema con determinazione e tutela dei diritti dei deboli. La politica non deve più dar mostra di sé in televisione. Deve stare tra la gente, nei quartieri, essere in ascolto. Il momento è magico: ognuno dei presenti assiste alla realizzazione di un sogno in cui ogni elemento di frizione – sia esso esteriore o interiore – viene lasciato alle spalle. Non fanno la ola, ma poco ci manca. Tutti, più che quarantenni, sono contaminati, galvanizzati, ottimisti, sorridenti.
Veltroni ha parlato loro per più di un’ora. Un lungo monologo a braccio senza interruzioni.
Come per un grande attore, applausi a scena aperta.
(Giulia Parodi)