Turismo – L’inglese gestuale addotato a Tursi
Credo che non vi sia chi non conosca la storiella del genovese che decide di farsi un viaggio a Londra. Un po’ intimorito perché non sa l’inglese si confida con un amico che lo rassicura: “guarda, basta che parli molto, molto lentamente in genovese, e vedrai che te la cavi benissimo”. Il tipo parte, e mette alla prova il consiglio con il cameriere di un ristorante: “mi sûn o Beneito de Buggiascu, vurrieiva mangiâ” La cosa va a meraviglia, infatti l’altro risponde: “Mi sun u Luigin de Ceive, se vuscià scia me dixe cosse scia veu mi gh’a portu”. E il nostro: “Scià me scûse ma se mi sun o Beneito de Buggiascu e vuscià l’è u Luigin de Ceive, cumme a lè che parlemmu ingleixe?”
La storiella mi è tornata in mente stamattina, nel prestigioso locale di via Garibaldi adibito a biglietteria e bookshop per il complesso museale genovese dove, per la seconda volta a distanza di tempo, mi capita di assistere a questa scena: quando si presenta un turista straniero, la signora dietro al bancone gli parla molto, molto lentamente in italiano. Quando il turista conosce un po’ la nostra lingua, la cosa funziona a meraviglia. Ma quando il poveretto sa solo l’inglese, dopo qualche tentativo di linguaggio gestuale, resta solo il rifugio in un sorriso imbarazzato (e imbarazzante).
(Paola Pierantoni)