Ilva/1– Dietro la morte di un operaio marocchino

La piccola folla serrata impedisce che le auto scivolino nel parcheggio aziendale. Sono voci che insultano gli impiegati che, infastiditi, forzano il blocco. Niente di grave: un fiume tra due rive opposte. Come una guerra di quartiere. Mohamed, la vittima, neppure è citato.


Chi scende in strada lo fa per raccontarsi in un luogo altro dallo stabilimento. La tuta oggi sono calzoni e giacca jeans di quelli più giovani e pacati. “Freddo” e “caldo” distinguono in questo corteo solo i reparti.
“Non credo che cambierà nulla, ma sarei comunque venuto qui, faccio sempre sciopero per qualsiasi ragione. E’ una questione di coscienza”. Lui è un padre e sua moglie lavora con contratti stagionali: “sono uno di quelli che fa cazzate, se vedo qualcosa che non funziona vado dal capo reparto e lo dico… Mi spostano, ed io continuo a dire quello che non va… Pulito è pulito, ci sono dei posti là dentro dove i pavimenti brillano più che a casa mia, ma sotto, dove nessuno vede, le scarpe nuotano nel cromo e le scale sono incrostate… I fogli con le segnalazioni restano ad ingiallire sulle scrivanie dai capi. Nessuno vuole esporsi; c’è paura, tanta. Pensi che i colleghi siano con te, poi fanno il salto, magari coprendo i turni di quello che è stato sospeso perché ha usato il telefonino. La sicurezza? Mi dicono di mettermi l’elmetto e sopra la mia testa passano rotoli da tredicimila chili… Se me ne cade uno addosso che cazzo mi serve l’elmetto! La giacca di protezione d’estate? Che ci provino loro a stare con quaranta gradi ed una giacca a maniche lunghe!”.
Il corteo si ferma nel centro di Cornigliano. Una donna spinge un passeggino sul marciapiede “la strada!” urla “ma è possibile che blocchiate il traffico!”. Altri passanti sembrano avere a che fare con un evento passeggero; osservano. Alcuni salutano facce conosciute. “Quelli delle imprese sono tutti dentro, i colleghi del marocchino oggi lavorano! Ispanici e africani; li distingui per il colore della pelle: più scuri di noi. Tutti a contratto. Come possono uscire?”
Uno, insultato dagli operai mentre supera il picchetto, commenta: “Dicono di tutto a me! Ma questi sono fuori! Sono io che decido se fare sciopero o no! E’ morto uno! Ma io cosa c’entro? Lo vadano a dire ai Riva! Che vadano da loro a chiedere il conto! Ma cosa c’entro io! Qui dentro mi sono sempre fatto i cazzi miei!”
Ancora caldo. E freddo.
(j.m)