Carcere – Il mondo del calcio visto da lontano

E’ uno spazio talmente angusto. Nonostante il muro intonacato di fresco e l’azzurro marino delle inferriate e della tettoia. In alto, tutt’intorno, cerchi di filo spinato. Per arrivare sino al cortile sono stati superati: cancello principale, portone d’ingresso, porta scorrevole al deposito oggetti personali, seconda porta d’accesso alla struttura. Di queste tappe resta il scivolare lento delle porte e il loro rumore. Tonfo tra libertà e reclusione.


Casa Circondariale di Chiavari, 12 giugno. Anche il nome pare volerne addolcire la sostanza, sforzandosi di alleggerire quello che leggero non è. Ma è pur vero che qui, a voler dare al carcere il punteggio degli hotel, saremmo senza dubbio in una struttura a quattro stelle dove si studia, ci si diploma e si lavora. “Con l’indulto” spiega Don Franco, “se ne erano andati due terzi dei detenuti. Adesso siamo nuovamente a tappo, incriminati con stessa tipologia di reato, al di sotto dei tre anni…molti arrivano con gli indumenti che indossano, senza null’altro. Qui ci sono persone con pene lunghissime. Una sezione ordinaria e una sezione speciale per coloro che è meglio non vengano a contatto con i detenuti comuni. Ma qui si può lavorare, studiare, fare teatro, perché il carcere deve rieducare”. Una guardia accenna al personale ridotto, 44 unità su un fabbisogno di 60. Maria Milano, la direttrice, parla dei 76 detenuti come di “utenti” rilevando un’idea di “sevizio” da erog are nel migliore dei modi. Da qui il desiderio di promuove incontri tra chi è dentro e chi è fuori. Da qui lo scambio con alcuni autori del libro “La matematica del gol” (Fandango Libri, 2007, 20 euro)
Di calcio chiederanno i detenuti, meno di una quarantina, schierati nelle sedie azzurre davanti al gazebo che accoglie gli autori – Antonio Dipollina, Giorgio Porrà, Andrea Scanzi, Federico Calamante, moderati da Marta Trucco – di alcuni dei racconti volti a dare del calcio dei mondiali una visione letteraria. Inizia timidamente l’incontro, il cielo è carico di pioggia, e viene da chiedersi, se dovesse diluviare, dove si andrà a parare. Le sedie, allineate in due gruppi distinti, marcano la separazione tra chi in serata tornerà a casa e chi resterà dentro. Alcuni si stringono nelle spalle, altri sorridono all’evento. Tutti hanno indossato quanto di meglio avevano. “Niente riprese da questa parte?” chiede un giornalista del Tg. No, meglio di no. I racconti del libro vengono narrati dagli autori e con citazioni di goal, rigori, storie, e si capisce quanto sia buona l’idea di parlare di calcio in questo luogo. Alle prime gocce si volta il gazebo verso la tettoia dove tutti i nsieme trovano riparo. “Sono qui per futili motivi…” sussurra un ragazzo “discussioni con la fidanzata…Ah se parla quello siamo rovinati!”. Ma le domande, commentate con sguardi, battute o consenso da una piccola claque vertono tutte sull’ingiustizia data dall’impunità. “Mi piace il calcio…ma avete perso un’occasione…di parlare della tifoseria degenerata, avete eluso i morti da Spagnolo in poi…” dice Luca, e ancora: “Il calcio è lo sport più seguito in Italia? Perché sul calcio tutto viene sotterrato? Nel ciclismo no! Io sono nato con il calcio. Io ho fede nel calcio…So che Moggi è una minima parte!” “Perché si è parlato degli scandali del calcio e non degli scandali di passaporti ad esso connessi?”. “Penso che il calcio debba essere rappresentato dalla cronaca, ma a livello di censura che possibilità ha oggi un giornalista per dire la propria su qualsiasi argomento?”.
Chiedono spiegazioni. Le risposte ricordano giornalisti coraggiosi e il fatto che “la categoria debba fare ammenda”, Porrà ricorda i calciatori morti a causa del morbo di Gehrig di cui nessuno parla. Un autore cita “Saverio Borrelli che dice: non c’è mondo più omertoso del calcio in Italia”.
Alla radio, di sera, c’è l’indignazione dei politici in merito alle intercettazioni telefoniche.
Guardie e ladri. Infatti, di un gioco si tratta.
(Giulia Parodi)