Banche etniche – Liguria senza Carige? Una striscia di Gaza
“Più forti e più liguri”. Un rigurgito etnico? Ma per carità! E’ la morale dell’intervista a Flavio Repetto, chiamato, con “benedizione politica bipartisan” e, si capisce, col favore della curia e della direzione e presidenza Carige, a dirigere la Fondazione Carige, l’ente principale azionista della banca stessa. A Il Sole 24 Ore (27 maggio 2007) Repetto ha detto che Carige non è interessata alle “lusinghe del risiko” e che la Fondazione ha deciso di ridurre le erogazioni (sociale, cultura ecc.) per incrementare gli accantonamenti finalizzati al rafforzamento patrimoniale. Una decisione resa pubblica già al momento del suo insediamento e che aveva sollevato al suo annuncio solo qualche timida critica.
“Ritoccheremo all’insù -disse-la nostra quota di azionista di riferimento fin dove la legge ce lo consente”. In verità la Fondazione ha già superato da tempo i limiti posti dalla legge ma come già aveva fatto capire un suo amministratore oltre un anno fa (Repubblica, 19 gennaio 2006) le leggi sono una cosa e gli affari un’altra. Ecco perché se la legge Ciampi e la successiva “legge sul risparmio” prevedono che le fondazioni non superino il 30%, la Fondazione che già deteneva il 43% del capitale della Banca Carige, ha pensato bene di ridurre l’impegno nelle finalità sociali a cui è chiamata dallo statuto per aumentare ulteriormente il suo pacchetto d’azioni Carige. Così, spiega Repetto, nessuno ci potrà sfilare Carige dalle mani. Anzi sarà proprio Carige ad approfittare del fatto che con le aggregazioni bancarie che ci sono in giro finirà che verranno messi in vendita un po’ di sportelli e lì ci saranno loro della Carige, che se li compreranno. “Perché – ha spiegato – se la Liguria perde la Carige qui non resta più niente. Una sorta di striscia di Gaza…”.
Così il presidente della Fondazione ha fatto eco alle parole del presidente ella banca, Berneschi, durante la recente assemblea di Carige (Repubblica, 28 aprile 2007). Una relazione trionfalistica appannata solo dall’intervento di un socio che ha chiesto che la dirigenza rispondesse alle accuse di nepotismo documentate dagli articoli comparsi sul Corriere della sera il 23 ottobre e il 13 novembre 2006. Richiesta aggirata con una delle solite battute scoppiettanti che hanno fatto la fama di Berneschi. Che tuttavia non è stato all’altezza della sua fama quando ha dovuto trattare del fallimento Festival. “Questo è un bidone (nda, 80 milioni di euro) che abbiamo preso”, ha ammesso. Ed è’ stato tutto quanto aveva da dire a proposito dei finanziamenti concessi da Carige alla misteriosa società Maggiolino (30 milioni di euro) e di altri affarucci del genere. “Ma la perdita – ha detto Berneschi – l’abbiamo ammortizzata tutta”.
Morale: la Fondazione scarica il sociale e blinda ulteriormente la banca e la politica è d’accordo. Ma in cambio, ha detto un socio, non si potrebbe avere un più di trasparenza? Siamo a Genova non a Gaza.
(Manlio Calegari)