Cartoline – Goethe, Kafka e Dostoevskij, via dalla Polonia teo-con
Molti anni fa sono stato in Polonia con una delegazione unitaria del sindacato confederale. A Varsavia e poi a Danzica. Era già caduto il muro e l’impero dell’Est era in via di dissolvimento. A Danzica, in quelli che una volta erano i cantieri Lenin (qualche scritta sbiadita la si intravedeva ancora) c’era il congresso di Solidarnosc. Fu aperto dal rosario, recitato dal vescovo, ma a molti non bastava: pretendevano la celebrazione della messa. Il giorno prima, gli ospiti ci avevano portato in visita alla città. Alla trentatreesima chiesa mi colsi a gridare in mezzo alla via che desideravo una sezione del POUP, il triste partito operaio unificato polacco che non contava più nulla, come giustamente doveva accadere viste le colpe e le responsabilità, ma che mi sembrava un punto di riequilibrio. Insomma, al confronto Gedda e i comitati civici del nostro dopoguerra mi apparivano una barzelletta.
Ho ripensato a quella esperienza diretta sulla pervasività di una religione male intesa, quando l’altro giorno ho letto su Repubblica una notizia che Pietro Nenni, impastando come una piadina romagnola la s e la c, avrebbe commentato tuonando: clerico-fascismo (peccato che sia solo un ricordo da vecchio, dovremmo poterlo fare riascoltare ogni tanto anche ai giovani). La notizia infatti è che i teo-con polacchi della maggioranza di destra vorrebbero vietare nelle scuole la lettura di Goethe, Kafka e Dostoevskij. Motivo? Semplice: il giovane Werther è un sessuomane, “Il processo” è un inno al nichilismo e “Delitto e castigo” è dedicato a un criminale. Al governo della Polonia, membro dell’UE, ci sono due gemelli, una ragione in più per sospettare della clonazione. Quanto ai grandi della letteratura temo per Proust, insopportabili tutte quelle “fanciulle in fiore”, oltretutto fanno anche “ombra”, ben peggio delle lucciole!
(Giuliano Giuliani)