Sanità – Il rischio di assistere i malati terminali

Nei titoli a più colonne è stata presentata come “la truffa dell’ossigeno”; in realtà ha tutta l’aria di una tristissima beffa la storia che vede coinvolti anche non pochi medici della buona sanità. L’accusa sostiene che a Genova a dintorni c’è stato un abuso in eccesso di prescrizioni di ossigeno per moribondi, con bombole destinate addirittura a persone defunte e interessamento sospetto dei sanitari presso le ditte fornitrici. Un ennesimo scandalo?


A ricordare come stanno realmente le cose ci ha pensato con la consueta pacatezza, senza il minimo tono polemico o indignato, il prof. Franco Henriquet, presidente della Gigi Ghirotti, l’associazione che si occupa di malati terminali e a sua volta trascinato personalmente nell’inchiesta. In una lettera ai giornali ha spiegato con semplicità le difficoltà dell’assistenza quando la vita è allo stremo: le bombole che normalmente si trovano in farmacia non durano più di 6-7 ore, mentre quelle con un’autonomia di 20 ore non sempre sono disponibili; di qui la richiesta alle ditte, le telefonate di sollecito da parte di familiari o dello stesso medico (c’è l’urgenza per un malato che soffoca), infine la beffa dell’arrivo dell’ossigeno spesso in ritardo, a decesso avvenuto.
Perché le parole di Henriquet meritano credibilità e rispetto? Anzitutto per la benemerita attività che lui e i suoi collaboratori, medici, infermieri, volontari, portano avanti da decenni, in totale trasparenza, contro il dolore. Non è certo un caso se il sindaco gli ha conferito il Grifo d’oro, la più alta onorificenza della città, proprio nei giorni immediatamente successivi all’inchiesta sull’ossigeno che aveva portato i cc del Nas nella sede della Ghirotti. Allora Henriquet fu inquisito -e Genova rispose con una grande prova di solidarietà- sia per le bombole, sia per i medicinali antidolorofici che raccoglieva dai parenti dei malati defunti al fine di alleviare le spese ad altre famiglie nelle stesse condizioni.
Invano il professore allora obiettò che nessuna norma impediva il riutilizzo dei farmaci; gli opposero un cavillo: “non ne era garantita la corretta conservazione”. Ora il ministro della sanità, Livia Turco, gli ha dato ragione, annunciando l’emanazione di un decreto interministeriale per autorizzare il riutilizzo, così come già consente una norma Ue, recepita dallo stato italiano nel 2006. Ma rimasta finora senza regolamento attuativo.
(Camillo Arcuri)