Regione – Fatto il decreto, gabbato Bersani
Nel primo decreto Bersani sulle liberalizzazioni vi è una norma che obbliga le società informatiche regionali a lavorare solo per il proprio committente, cioè le regioni. Questo per rimediare al fatto che la presenza di grandi società pubbliche (in Liguria Datasiel) sul libero mercato è di fatto un elemento di distorsione della concorrenza. In soldoni, Datasiel non solo si occupa di tutta l’informatica regionale, ma gli vengono assegnate senza gara anche commesse per moltissimi altri enti locali, dai Comuni alle Asl (la Provincia di Genova no, perché anch’essa è dotata di propria azienda informatica, Athena).
Nel momento in cui è venuto fuori il decreto Bersani, in Regione è scoppiato un putiferio. Datasiel ha subito minacciato il licenziamento in tronco della metà del suo personale e, forte di questo argomento, ha ottenuto subito ascolto. Molto ascolto. Burlando ha infatti provveduto con legge regionale ad aggirare il decreto. Risultato: Datasiel è salva e può continuare a espandere i suoi affari, perlomeno in territorio regionale. Ma in tutto questo a nessuno (neanche al liberalissimo Pittaluga) sembra premere né il principio della concorrenza come fattore di crescita economica sana – e l’informatica (si pensi all’informatica sanitaria) non è un settore marginale ma basilare dello sviluppo – né il risultato pratico che si ottiene alla fine. Risultato che si intuisce bene con questo piccolo esempio.
Nel 2004 il Comune di Genova affida il rifacimento di tutti i siti dei Musei comunali a Datasiel. Che li rende, seppur con vari limiti, decenti e omogenei. Nel 2006 Datasiel ottiene nuovamente l’incarico di rifare i siti dei Musei di Genova. Il motivo? Adeguarsi alle norme ministeriali sull’accessibilità, ovvero una serie di regole (di cui si è cominciato a discutere molto prima del 2004, almeno dal 1998) di progettazione e programmazione che rendono i siti fruibili da tutti, anche da non vedenti, o da chi naviga solo con la tastiera, o ancora da schermi molto piccoli come palmari e cellulari. Compito nobile, il cui raggiungimento viene annunciato alla stampa e certificato dalla cooperativa dell’Istituto Chiossone, che collabora con la Regione per testare l’accessibilità di tutti i suoi siti. Peccato che, anche a prima vista, i siti web in questione non rispettino nemmeno le più basilari e semplici norme dell’accessibilità. Nemmeno quelle, come l’uso di testi alternativi alle immagini, ormai entrate nella consuetudine del web. Che cosa ha certificato il Chiossone?
(Federica Massari)