Caso Telecom – Corre anche la libertà sul filo del telefono

A differenza della famosa frase del cardinal Siri, “homo sine pecunia est imago mortis”, l’homo politicus è vivo indipendentemente dalle sue condizioni economiche. Nonostante tutto, sopravvive una specie socio-umana con bisogni materiali misurati, che non soffre per la mancanza di yacht, ville al mare e nemmeno del suv, ma è esigente al massimo invece sul piano dei principi, dei diritti di civiltà, di uguaglianza. Viene il dubbio che questa categoria di persone (maggioranza, minoranza?) sia poco considerata, visti gli sviluppi del caso Telecom.


Scoprire che in pochi anni il gruppo dirigente della compagnia telefonica ha dilapidato la bella somma di 45 miliardi di euro (90.000 miliardi di vecchie lire, l’ammontare di due finanziarie), fa un certo effetto, aggravato dal fatto che i top manager responsabili del disastro non sono stati cacciati (magari in galera, sull’esempio di quanto accaduto nella patria americana del liberismo), ma si godono tuttora, Tronchetti Provera in testa, compensi sopra i 3 milioni di euro l’anno. Il fatto poi che a rivelarci questi scandali sia un comico -qual è, anche se dice cose serissime, Beppe Grillo- e non i giornali o i tg più seriosi, la dice lunga sul grado di libertà dell’informazione, tuttora ossequiosa al vecchio assioma che vuole certi argomenti riservati al club padronale. (Diversamente ti tagliano la pubblicità.)
Ancora peggiori, se possibile, sono le reazioni dei politici. A cominciare, e non per partito preso, da una destra che sprezzante del ridicolo ripete la cantilena dell’indebita intromissione del governo nel libero mercato (il clubino di lor signori), al punto da scoraggiare l’interessamento dell’At&t degli USA. Ma non è la stessa corporate resa famosa da inchieste, film e libri per i suoi rapporti con la Cia? Forse non bastava il marcio accumulato in migliaia di files di intercettazioni abusive compiute per anni da Telecom, Sismi e agenzie di spioni privati, il tutto a danno della privacy dei cittadini. Qualcuno auspicava il supporto tecnologicamente più sofisticato degli specialisti americani?
Il paradosso Telecom è tale che nel loro piccolo si incavolano non solo migliaia di risparmiatori spolpati, ma anche i più numerosi cittadini che hanno ancora il senso degli interessi comuni, della dignità e della sicurezza di uno Stato che ha il dovere di creare le condizioni per affidare a mani sicure la principale società di comunicazioni del Paese. I lenti sviluppi dell’inchiesta in corso dimostrano che finora la fiducia era mal riposta.
(Camillo Arcuri)