Concorsi – Sguardo senza voci a Casa America

Il 3 aprile scorso si è svolta la premiazione del concorso “Sguardi Latinoamericani a Genova”, indetto dalla fondazione Casa America presieduta da Roberto Speciale. I nomi e le opere dei vincitori sono stati riportati dalla cronaca locale (Secolo XIX, 4 aprile): 10 vincitori, 10 nazionalità coinvolte tra i 56 partecipanti, sguardi che si sono espressi nella cronaca giornalistica, nella fotografia e nel video. La premiazione però, sui giornali non è raccontata. A


l banco dei relatori, Speciale insieme ad altri organizzatori del concorso, e la giuria, composta da giornalisti, videomaker, docenti di lingua e letteratura spagnola, di sociologia, di storia dell’arte e storia dell’America Latina. Tutti, rigorosamente, italiani. Sono state illustrati l’organizzazione del concorso, le tappe per la pubblicizzazione di esso nella comunità latinoamericana, successivamente i criteri adottati nella scelta dei vincitori: doti tecniche, stile, contenuti , talenti. E’ seguito il momento, emozionante, della consegna dei premi, in cui alla retorica si sono sostituiti i ringraziamenti impacciati e sinceri di chi si trovava magari per la prima volta sotto i riflettori: la fidanzata, gli amici, Casa America. Dopodiché il pubblico si è dissolto nei rivoli del buffet e, per chi fosse stato interessato a conoscere una buona volta gli sguardi latinoamericani, dopo aver sentito parlare italiano dalle cattedre, a disposizione solo una sala gremita e rumorosa, un piccolo schermo per i video ed una esposizione di foto e testi non troppo valorizzante. Storie, volti e immagini che parlano di speranze e disincanti, o solo, appunto, di sguardi, e ridisegnano soprattutto una città in evoluzione. L’imbarazzante assenza di latinoamericani in giuria o tra i relatori non poteva certo passare inosservata al sociologo Queirolo Palmas, che la commenta come una pecca dovuta alle lacune dell’esordio del concorso. Risulta però altrettanto imbarazzante lo spazio risicato dedicato alla fruizione di queste opere. Un evento autocelebrativo, in cui gli italiani parlano di quello che hanno fatto, come e perché lo hanno fatto, e i latinoamericani, oggetto socio-antropologico del discorso, ringraziano? Il dubbio, certo, è legittimo.
Un altro interrogativo, ancora più oscuro seppure fuori contesto: gli sguardi “non latinoamericani”, quelli di comunità non altrettanto numerose ma comunque cospicue, come quella nordafricana o albanese, che galleggiano in silenzio nella quasi totale assenza di istituzioni o associazioni, le vedremo mai, seppure nei ringraziamenti dei titoli di coda?
(Eleana Marullo)