Da Baldoni alla Cei – Scrivono gli sconosciuti ignorati dalla politica

Di un giornale, talvolta, basterebbe guardare la rubrica delle lettere. Sono loro, i perfetti sconosciuti, che tagliano la realtà a fettine offrendocela in un menù forse poco digeribile, ma chiaro.


Sabato 31 marzo Gloria Franco e Franco Gialdinelli firmano una lettera a Repubblica in veste di amici di Enzo Baldoni, indirizzata a Corrado Augias, nella quale spiegano la successione dei fatti riguardanti rapimento e morte del giornalista, gli appelli per il recupero della salma e la necessità, a quasi tre anni dalla sua scomparsa, “di restituire all’opinione pubblica la storia corretta di cosa abbia fatto Enzo in Iraq prima di essere rapito e alla famiglia ciò che resta di lui”. Scrivono ad Augias: “Ci rivolgiamo a lei con la speranza che voglia aiutarci, sostenendo le nostre richieste di restituzione della verità e della salma di Enzo. A nome dei moltissimi amici di Enzo.” L’appello è rivolto al giornalista affinché le più alte cariche dello Stato si decidano una volta per tutte a scegliere la strada della verità in risposta all’indifferenza.
“Negli ultimi due secoli”, risponde Augias, ci sono stati molti “sforzi per cercare di rendere meno crudele il comportamento delle opposte forze durante una guerra. Convenzioni, trattati, organismi internazionali di controllo, dalla Società delle Nazioni Unite all’Onu. Non è servito a molto.” Augias racconta disumanità di trattamento dei prigionieri durante i due ultimi conflitti mondiali, e aggiunge che “la guerra scatenata dal terrorismo”, “completamente inedita nelle modalità di comportamento”, annulla oggi ogni garanzia, ogni parvenza di legalità, ogni ombra di misericordia. “Cosa possiamo fare noi oltre a scrivere queste povere parole? Ricordare certo. Chiedere. Consapevoli però di avere di fronte la sorda ferocia di una guerra senza più regole”.
“Povere parole”. Che fine fanno. Perché la testa del lettore scivola dalla lettera alla risposta di Augias senza che ci sia corresponsione. Si ha la sensazione che il giornalista non abbia letto con attenzione, e che se l’ha fatto, non gli resti altro da offrire che un buffetto paterno, un pacca sulla spalla, la frase consolatoria del prete. E siamo ai preti. Sempre Repubblica, 1° aprile. Scrive alla rubrica delle lettere il parroco di Antrosano, Aldo Antonelli. Si era distinto per aver rispedito a Sandro Bondi la brochure con l’elenco dei provvedimenti in favore della Chiesa promossi dalla maggioranza di centrodestra. “Ciò che sta avvenendo è grave” scrive il parroco in merito alla Cei e: “non so quanta avvertenza ci sia da parte del mondo cattolico. La situazione è talmente grave che non possiamo non gridare anche noi. Se non parliamo noi, figli del concilio, grideranno le pietre. Siamo alla talebanizzazione della chiesa. Una chiesa che si autoidentifica con il ‘clero’, peggio ancora con la “gerarchia”, che non ha occhi per vedere se non se stessa”. Un chiesa “non più come popolo di Dio che i pastori sono tenuti ad ascoltare e a servire, ma un popolo di minorenni incapaci” tenuti solo “ad ascoltare ed eseguire”.
Il prete è tanto più desolato perché in campo politico e sociale “corrisponde un atteggiamento omertoso e interessato di personaggi usi all’adulazione.”
Ai figli della politica segnaliamo queste due lettere. Fiduciosi.
(Giulia Parodi)