Porto – Che oggetto misterioso l’affresco di Piano

“Piano come Ali Babà nella grotta”, titolava Repubblica il 15 maggio del 2004. L’architetto aveva appena presentato il suo progetto di Waterfront genovese. Biasotti se ne era preso il merito. Anche per questo Burlando -le elezioni regionali ci sarebbero state dopo un anno- non aveva perso tempo e, presa carta e penna, aveva scritto a Piano una lettera che, grazie alla rete e al sito del suo circolo Maestrale, aveva raggiunto l’universalità.


La lettera – 20 maggio 2004 – oltre ad illustrare i meriti storici dello scrivente quanto al nuovo assetto della città, annunciava all’architetto il desiderio del suo autore di lavorare a fondo sul progetto appena presentato (“per insinuarci tra i tuoi dubbi”). Gli comunicava inoltre, insieme alle lodi di rito, le sue “prime sensazioni” in particolare sul tema delle riparazioni navali su cui – confessava Burlando – lui stesso aveva più volte cambiato idea. “L’altra sera, dopo una cena al Santuario della Madonnetta di S. Nicola, l’area, vista dal terrazzo del convento, era proprio bella e ho provato dispiacere all’idea che quelle funzioni potessero emigrare. Tuttavia non possono neppure essere conservate così come sono. Navi sempre più grandi hanno bisogno di un bacino più grande. Che va fatto subito e va fatto lì… Sappiamo che esiste una idea diversa: … trasferire i cantieri in naturale continuità con quello di Sestri Ponente”. Ipotesi suggestiva – scriveva B. – ma no n per questo condivisibile. E concludeva: “Sono certo che saprai – che sapremo – ascoltare la città operosa che lavora sui moli, che non è ostile all’idea di futuro, ma giustamente gelosa del presente, del lavoro di migliaia di persone.”
Burlando parlava – scriveva – come candidato a presidente della Regione; con l’orecchio attento agli umori degli industriali del porto. Sono loro la “città operosa che lavora sui moli” e hanno già fatto sapere che di trasloco non vogliono saperne. Quel che è successo dopo è storia o quasi. Le commissioni – tecniche, paritetiche o meno – si sono succedute a ritmo continuo mentre il progetto era sempre più decantato -opera d’arte, “affresco”- e il suo autore definito “l’artista”, “il genio” ecc.. Poi, improvvise, nel maggio 2005, le dimissioni di Piano: una letterina a Burlando, Pericu, Repetto e Novi per dirgli “lasciamo perdere e amici come prima”.
Da allora avanti cosi, a singhiozzo, fino al 22 marzo ’07. Repubblica “Prima pitturata di Affresco. Firmato il protocollo d’intesa: due anni per partire”. Alla riunione del Comitato portuale Repetto firma allegando alcune pagine di riserve. Burlando ci ha tenuto a precisare che si tratta di un semplice protocollo di intenti e che “La difficoltà qui non è sull’impianto… da noi molto condiviso ma sulla difficoltà operativa di realizzare quest’opera mantenendo impresa ed occupazione”(?). Bisagno, presidente industriali e primo imprenditore delle Riparazioni annuisce convinto: “Questa non è la conferma dell’Affresco di Piano ma solo l’inizio di una procedura…”.
Il Secolo XIX (22 marzo) osserva che allungare all’infinito i tempi di realizzazione impedirà di tenere il passo con il mercato dei traffici. Il Comitato portuale, scrive, dovrebbe riflettere di più sulle trasformazioni in corso da tempo nel settore. Purtroppo – è la conclusione – “i componenti del comitato portuale di Genova l’hanno studiato poco e male, questo mercato”.
(Manlio Calegari)