La Cassazione strumento per svuotare l’autogoverno
Un giudizio sulle norme del disegno di legge delega sulla riforma dell’ordinamento giudiziario che si riferiscono alla Corte di cassazione non può prescindere dall’esame degli obiettivi che la proposta si prefigge di raggiungere. In sintesi si può affermare che lo scopo principale, non dichiarato, delle radicali modifiche proposte è quello di disegnare un assetto dell’ordine giudiziario completamente diverso da quello attuale che, pur con tutti i difetti innegabili che lo caratterizzano (in particolare la lentezza dei processi, destinata ad accentuarsi ancor più se la riforma andrà in porto), è idoneo in astratto (e spesso lo è stato in concreto) a garantire principi fondamentali: la tutela dei diritti delle persone, l’inesistenza di aree di impunità e il controllo di legalità.
Naturalmente si tratta di principi di cui i governanti (non solo quelli dell’attuale maggioranza) tendono, se non ad eliminare, ad attenuare quando ostacolano le loro finalità politiche. La tutela dei diritti è veramente tale solo se efficace anche nei confronti di chi detiene il potere; quanto alle aree di impunità e al controllo di legalità si può facilmente intuire quanto possa essere estesa l’area di coloro che rivendicano le prime e tentano di rendere inefficaci i sistemi di controllo.
Come attenuare i rischi (per il potere costituito) che derivano da questo assetto ? La proposta di riforma adotta il sistema più sofisticato per raggiungere questo fine (non potendo introdurre espliciti sistemi di condizionamento delle decisioni giudiziarie): trasforma l’esercizio della giurisdizione da potere diffuso a potere gerarchicizzato (controllare i vertici è meno complesso che controllare tutto il sistema) ed estende i poteri del governo limitando quelli di autogoverno. Di ciò è evidente segnale il sistema che mira a ridisegnare le sfere di decisione all’interno delle procure, il maggior peso che ha il ministro nel nuovo sistema dei concorsi, il progressivo trasferimento di funzioni (per es. in materia di formazione dei magistrati) dal CSM al ministro o ad organi maggiormente condizionabili.
Di questo disegno complessivo la riforma delle norme che riguardano la cassazione è parte fondamentale anche se non la principale.
In un’organizzazione verticistica è necessario che venga privilegiato l’ufficio che si trova a svolgere le funzioni di ultima istanza nel processo; la Corte di cassazione diviene quindi, in contrasto con la Costituzione (art. 107 c. 3°: “i magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni”) anche un vertice non più soltanto processuale ma che interviene in momenti importanti della “carriera” dei magistrati. Così ridisegnato l’assetto occorre naturalmente garantire un sistema di selezione per accedere alle funzioni di legittimità idoneo a garantire una certa “omogeneità” con il potere e questo fine viene garantito, nel progetto, con un sistema di concorsi del tutto inidoneo a selezionare i più idonei alle funzioni di legittimità.
Una volta divenuta più omogenea la Corte di cassazione diviene protagonista di quel processo di depotenziamento delle funzioni dal CSM in tema di formazione (tra l’altro uno dei pochi settori dell’organizzazione giudiziaria che ha funzionato egregiamente) con l’istituzione della Scuola superiore della magistratura la cui presidenza viene attribuita al primo presidente della Corte di cassazione (o ad un magistrato da lui delegato) e a cui vengono attribuiti non solo compiti di formazione ma anche funzioni inerenti la valutazione professionale dei magistrati espressamente attribuite al CSM dalla Costituzione.
Ma i magistrati della cassazione sono anche protagonisti della gestione del complesso sistema di progressione in carriera perché sono chiamati a far parte delle commissioni di esame previste per le selezioni che avverranno sostanzialmente al di fuori delle competenze del CSM con altra violazione della norma costituzionale (art. 105) che affida a tale organo le promozioni dei magistrati. I magistrati della Cassazione trarranno benefici di carriera dal loro coinvolgimento nell’operazione di sottrarre competenze all’organo di autogoverno della magistratura perché importanti posti direttivi potranno essere coperti solo da coloro che abbiano svolto, per un certo periodo di tempo, le funzioni di legittimità.
In conclusione: il sistema delineato non prevede alcuna norma che garantisca un più elevato livello professionale dei magistrati della Corte di cassazione; rischia di instaurare un sistema di cooptazione diretto a privilegiare la scelta dei magistrati più omogenei al sistema di potere; li coinvolge in attività improprie dirette a sminuire le competenze del CSM; li premia con una corsia preferenziale per ottenere posti ambìti.
Nulla in questo progetto mira invece ad eliminare l’assurdo sistema di un organo giurisdizionale di vertice che invece di occuparsi delle questioni di principio di maggior rilievo (come avviene in tutti i paesi del mondo) è sommerso da decine di migliaia di cause bagatellari (due esempi in materia penale: i ricorsi contro le sentenze di patteggiamento e quelli contro le sentenze del giudice di pace).
Carlo Brusco (magistrato)