Linguaggio politico – L’elevata diatriba su chi fa schifo
E’ possibile che a qualcuno sia sfuggito perché non tutti i lettori arrivano in fondo al resoconto di una riunione di partito; e la “perla” era proprio nell’ultima riga, dove si riferiva (Secolo XIX del 6 marzo) l’exploit di Biasotti all’inaugurazione del point di Forza Italia per le prossime amministrative: dopo il Comune e la Provincia “sarà facile riprenderci la Regione, liberandola -ha sentenziato l’ex governatore- da questa sinistra che fa schifo”. Espressione elegante ma niente affatto originale, essendo solo una ripetizione della precedente invettiva rivolta a Berlusconi dal segretario dei comunisti italiani, Diliberto.
In quella prima occasione furono in molti, e da ogni parte, a rilevare come lo scadimento del linguaggio politico, il ricorso all’insulto, siano di fatto la negazione del confronto democratico. Ora, se certe esasperazioni possono avere una minima attenuante a sinistra, sul piano storico, in quanto risposta ad alcuni millenni di sopraffazioni e sfruttamento, dalla parte opposta, dalla destra, non possono avere altre motivazioni che l’arroganza e l’intolleranza tipiche dell’ideologia fascista. D’altra parte tra chi si sbracciava di più in sala, entusiasta per le elevate espressioni di Biasotti, era proprio Plinio, già suo vice e non dimenticato partner nel più esilarante show improvvisato in Regione, quando entrambi, più qualche mitomane, “vedevano” piangere la statua del Cristo degli abissi.
Nulla di nuovo nel copione. L’unica perplessità riguarda la presenza in questa compagnia di Enrico Musso, un professore di economia, considerato persona seria e competente, un intellettuale moderato, dai giudizi precisi, motivati. (Ne diede prova a suo tempo bollando senz’appello la discesa del Cavaliere in politica: una jattura.) Come si sarà sentito, posando per i cameramen abbracciato con l’unto, sul palco del Porto Antico? Nessun brivido, nessun disagio? E nemmeno all’inaugurazione del point, con il duo Biasotti-Plinio?
Che cosa non si fa per un posto al sole. Anzi nella Sala rossa.
(Camillo Arcuri)