Passato/1 – Se Renato Curcio si fosse pentito

Esiste un rapporto tra passato, abiura e ricerca sociale? Nessuna meraviglia se la destra tuona contro un ricercatore che, pagate le tasse e ogni debito con la giustizia, espone i risultati di una ricerca, rigorosa sul piano metodologico, su un tema molto attuale: “il precariato”. Meno comprensibili le esternazioni del sindaco di Bologna: “Non è in discussione la liberta di un cittadino di fare o muoversi. Ma la mancanza di un’esplicita condanna del terrorismo passato e presente da parte di Renato Curcio rende inopportuna e fuori luogo la sua presenza e l’iniziativa che lo ospita.” (Repubblica, 2 marzo 2007).


Mancava proprio alla sinistra un suo Ruini! Personalmente ho apprezzato l’esposizione di Curcio a Genova mercoledì 27 febbraio. Davanti a un folto pubblico, senza alcun riferimento alla politica, ha esposto le prime conclusioni sul lavoro precario e specificamente sull’organizzazione del lavoro in Italia nella grande distribuzione. I nuovi meccanismi ed i processi sono identificati attraverso l’unico sistema possibile: interviste, rilevazioni in loco e lavoro di gruppo con gli addetti alla distribuzione. Ecco venir fuori l’ambiguità del sistema e i meccanismi di sfruttamento delle nuove leve di forza lavoro, che si preferisce ignorare.
Nella presentazione una sola stonature: le critiche avanzate da un docente universitario, che stronca la ricerca con le consuete generalizzazione di chi ha perso ogni contatto con la realtà e si rifà alle vetuste categorie accademiche, in un mondo che cambia di giorno in giorno, oppure parla senza aver letto il resoconto della ricerca stampato dalla cooperativa “Sensibili alle foglie”. La ricerca, invece, può essere molto utile a chi si occupa delle nuove forme di organizzazione del lavoro o dei problemi dei precari, questa fascia di popolazione che disturba chiamare, come fanno Sanguineti e Trentin, “classe”.
Il dogmatismo del primo cittadino di Bologna stupisce coloro che, anche a Genova, in una partecipata riunione tenutasi in Palazzo San Giorgio, avevano riposto in lui molte speranze. Può parlare solo chi riesce a non farsi condannare, magari con leggi ad personam? Hanno diritto di parola solo i parlamentari plurinquisiti che affollano il nostro parlamento? O i furbetti del quartierino e le istituzioni di controllo conniventi?
Renato Curcio non ha patteggiato, non ha cercato scorciatoie, non è diventato editorialista. Probabilmente rinnegando il passato, in cui aveva creduto, sarebbe oggi accolto nella lobby degli opportunisti che hanno saputo, con destrezza, coniugare ideologia e carriera distribuendosi equamente al centro, a destra e a sinistra.
(Vittorio Flick)