A volte ritornano – Come aprire il palazzo ai vecchi fantasmi

Chi non ha del tutto rimosso l’abitudine un po’ masochista all’autocritica, può aver avuto un momento di dubbio: non sarà che stavolta hanno qualche ragione anche “loro”, quelli che rimproverano al centrosinistra di essere diviso da cento motivi almeno e unito solo dall’antiberlusconismo? E non è forse un limite pesante, segno di debolezza, l’estrema personalizzazione della lotta politica, ossia la “demonizzazione” dell’avversario, tipica arma degli arruffapopoli di tutti i tempi? Così ripetevano in coro i berluscones, mercoledì sera in tv, a Ballarò, mentre sullo sfondo suonavano a stormo le mille campane del moderatismo mediatico, liberate dalla caduta del governo Prodi in Senato.


Che la Quaresima, appena cominciata, porti inevitabilmente con sé l’invocata resurrezione dell’unto, non è scritto da nessuna parte. E’ semmai uno dei possibili rischi dell’infantilismo, storica malattia da cui non si è mai immunizzata la sinistra radicale. Anche se stavolta l’antidoto c’è: ed è proprio la paura di riconsegnare il Paese nelle mani del berlusconismo, prospettiva ritenuta devastante da chi mantiene una visione non mercantile della politica. Che non è l’ossessione “anti”.
Mezza Italia almeno non può liberarsi con una scrollata di spalle da un passato che fa arrossire, di vergogna e di rabbia: la caduta di prestigio a livello internazionale col macchiettismo ai summit, le pacche all’amico Bush o all’amico Putin, esibizioni tali da rinverdire vecchi stereotipi di un’italianità alla Sordi; poi le battute da caserma con i ministri nordici, l’aggressione all’eurodeputato tedesco definito “kapo” (scenata indecente censurata per servilismo da tutti i tg); ma soprattutto non si può dimenticare quanto avvenuta in casa nostra: la distruzione sistematica dello stato di diritto, dei valori comuni, con le leggi ad personam per sfuggire all’incalzare dei processi, i continui attacchi ai magistrati (ora toghe rosse, ora mentecatti), il dispregio verso un’etica dei comportamenti sconosciuta che non gli ha impedito di stare a capo del governo e in contemporanea del suo impero mediatico, con un conflitto d’interessi intollerabile nella democrazie occidental i, tanto che un precedente simile si trova solo in Thailandia.
La domanda, oggi di nuovo attuale, è se il rifiuto di un ipotetico ritorno a quel passato sia una difesa, legittima, rispondente al bisogno di ritrovare la “quotidiana decenza” necessaria a un paese normale, o sia invece il frutto di un’avversione preconcetta, personale, a sfondo persecutorio. Prima di rispondere pensarci bene, con pacatezza e senso di responsabilità. Tutti, senatori scarlatti compresi.
(Camillo Arcuri)