Precari/2 – La grande assenza del sindacato
A conclusione dell’incontro tra il presidente della Regione e i “suoi” precari nella sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale, l’ultima parola viene data a Giovanni Floris. “Come giornalista, dice il conduttore di Ballarò, oggi la cosa che mi salta agli occhi è che questa situazione non è stata strappata alla politica: è la politica che ha messo insieme qui queste persone e le ha fatte parlare”. Floris coglie nel segno: infatti non è la Regione ad essere stata convocata dai lavoratori e dal loro sindacato, ma sono i lavoratori che affollano la sala ad essere stati chiamati a raccolta dal loro diretto o indiretto datore di lavoro. Coerentemente, si potrebbe dire, non solo tra gli interventi ufficiali non è stato previsto nessun sindacalista, ma il sindacato non viene nominato mai nemmeno per sbaglio dagli oratori ufficiali.
Il sindacato non viene mai citato nemmeno dai lavoratori. L’unico soggetto collettivo evocato in uno degli in terventi è “il collettivo dei precari dell’Ist”, l’unico volantino che circola è quello dei Cobas.
In una assemblea chiamata a discutere di precarietà e del suo superamento, cioè dell’epicentro dell’attuale mondo del lavoro, il sindacato pare essere la fata che non è stata invitata e di cui nessuno, apparentemente, sente nostalgia. I temi del sindacato vengono affrontati dal sociologo Mario De Benedittis quando osserva che la precarietà accentua le disparità di partenza: maledizione per chi si deve basare solo sulle sue forze, volano per la creatività e per il successo economico per chi ha strumenti culturali elevati e le spalle coperte, o quando afferma che la precarietà può essere accettabile, e anche utile, quando sei giovane e ancora “in fase esplorativa”, altrimenti diventa una condizione grottesca e contagiosa, che estende la instabilità a tutti gli aspetti della vita. Anche l’imprenditore Edoardo Narduzzi tocca un punto di fondo della recente storia sindacale quando afferma che il fatto di aver mantenuto intatto – per una parte dei lavoratori – il sistema di r igidità e diritti costruito negli anni ’70, ha fatto sì che la richiesta di flessibilità che veniva dai mercati internazionali sia stata tutta assorbita solo dai giovani, creando in Italia, a differenza di altri Paesi europei, uno squilibrio in tutto il sistema. Le parole del sindacato le pronuncia il sottosegretario Rosa Rinaldi, quando dice che i contratti a progetto nei call centers sono inammissibili e cita le tre ghinee di Virginia Woolf per ricordare che senza un salario sufficiente non c’è dignità possibile, e che il lavoro precario e a tempo parziale questa dignità non la offrono, e quando infine osserva che la flessibilità buona si distingue facilmente da quella cattiva dal fatto che la prima è volontaria, la seconda imposta.
Ad un certo punto, però, Floris pronuncia una frase: “la precarietà affievolisce anche i diritti sindacali”, in risposta una lavoratrice grida “che non abbiamo!”, ed un applauso corale segnala – indirettamente – che di un soggetto davvero capace di rappresentare questo mondo del lavoro ci sarebbe un gran bisogno.
(Paola Pierantoni)