Affari di Stato – Senza legge sul segreto, solo compromessi
Dalle poche e frammentarie, soprattutto incomprensibili, notizie che vengono rese note sulla riforma dei servizi segreti, si apprende che il governo ha stoppato la ristrutturazione proposta dal Copaco (Comitato parlamentare di controllo degli 007). E ciò con grande disappunto di Claudio Scajola, il fallimentare ministro degli interni berlusconiano messo a capo del Copaco stesso. Sarebbe deludente se su questo capitolo, cruciale per la sicurezza democratica, si arrivasse a nuovi compromessi coi portatori di interessi poco limpidi, come fa presagire il fatto che oggi risulti desaparecida la legge -sempre attesa- per la gestione del segreto, la sola in grado di mettere ordine nell’intricata materia.
E’ scoraggiato uno dei più profondi conoscitori del settore, Falco Accame, ufficiale della marina militare, già a capo della commissione difesa quale deputato del Psi ante Craxi. Le sue documentate relazioni recapitate in questi giorni a Violante, presidente della commissione affari costituzionali, e a diversi parlamentari della sinistra più o meno radicale, non hanno ricevuto neppure risposta. Eppure ricordano situazioni incredibili: per esempio che il regime del segreto tuttora vigente è regolato dal regio decreto del 1941 (cioè di oltre 65 anni fa), che vieta perfino la pubblicazione dell’orario ferroviario in quanto a quell’epoca, tempo di guerra, il nemico avrebbe potuto approfittarne per bombardare i treni.
Paradossi a parte, l’uso distorto del segreto -la sragione di Stato- ha inciso su vicende gravissime: tipo le coperture relative alle stragi e agli organismi eversivi operanti in Italia e all’estero; le morti misteriose; le logge coperte; la vendita di armi; il nulla osta di segretezza; le schedature; le reti di comunicazione illegali; le prebende esentasse. Tutta roba scottante, pericolosissima da toccare. Come ben sa anche l’ambasciatore Paolo Fulci, che tentò di metterci le mani. Accame ricorda che quando il diplomatico rivestì l’incarico di responsabile del Cesis, individuò l’esistenza di un gruppo di agenti dei servizi denominato “Falange Armata” (dunque il groviglio è districabile): provò a raccogliere informazioni su tale formazione, ma capì che stava rischiando la pelle. Tanto da nascondere l’elenco dei “falangisti” in un foglio dentro un libro della sua biblioteca, confidando ai familiari che, in caso di evento sfortunato, avrebbero avuto una traccia per individu are eventuali killer.
Nelle sue corpose relazioni, l’ex parlamentare cita ammissioni significative sullo strapotere dello spionaggio con l’attuale legislazione: a L’Unità del 31 maggio 1993 e a Il Corriere della Sera del 1 giugno 1990, Cossiga affermò: “Il controllo del governo sui servizi segreti? E’ limitatissimo, se dicessi che da presidente del Consiglio ero in grado di controllare il Sismi (servizio segreto militare, ndr) affermerei qualcosa di falso”. E chi li controllava, allora? “Vi è sempre stata ingerenza americana nei Servizi. Loro (gli americani, ndr) preferiscono trattare con i militari”. Una conferma della necessità di fare chiarezza nel regime dei segreti? Le sibilline dichiarazioni di Pollari che sostiene di non potersi difendere e chiama in causa Prodi come Berlusconi.
(Camillo Arcuri)