Urbanistica – Dai posteggi fai da te benefici ma per chi?

Aiutatemi a capire dove sbaglio. Se volessi acquisire reddito dal bisogno che la gente qui a Genova ha di trovare spazi in cui lasciare la propria vettura, farei due cose: 1) ostacolerei in ogni modo i progetti di miglioramento del servizio di trasporto urbano; 2) renderei onerosa la sosta su tutte le superfici pubbliche disponibili in ambito urbano. Con questi due accorgimenti la gente, anche quella che non è assatanata dal godimento della guida in un traffico comatoso, è costretta a scegliere la propria auto per i suoi spostamenti in città e ovviamente è costretta a pagare la sosta ogni volta che scende dalla sua vettura.


Il ragionamento che regge queste due manovre è: “Hai voluto venire in città con la tua auto? Allora paga!” . Per ovvi motivi di egualitarismo la tassa viene affibbiata anche a chi non usa l’auto per girare in città, ma siccome vive già nell’ambito urbano, è costretto a lasciarla su strada se non dispone di un parcheggio privato. Questa opzione però tende ad assottigliarsi. Infatti man mano che cresce l’assuefazione alla tassa da parte degli automobilisti esterni, diminuiscono i posti su strada su cui quelli interni possono lasciare la propria auto. Ecco dunque un’ottima ragione per ricavare altro reddito dalla costruzione di parcheggi.
Ho perso la conta dei cantieri, ma penso che attualmente siano ancora numerosi. A proposito: qualcuno dovrebbe fare una ricerca per portare alla conoscenza di tutti quanto volume edilizio è stato prodotto con la realizzazione dei parcheggi “fai-da-te”, quanta superficie di sosta è stata liberata dalle strade, quale sia l’entità di capitali messa in gioco, quali vantaggi ne siano derivati alla collettività, zona per zona ma anche in un bilancio globale del sistema.
Se però volessi restituire alla città la sua originale funzionalità, pur nei mutati costumi che sono cambiati nei secoli, partirei dal principio che ogni via, ogni palazzo del cosiddetto “centro storico” [non commettiamo, per favore, l’errore di considerare storica solo la parte medievale del centro!] è stato realizzato prima della diffusione dell’automobile e tutti i materiali necessari all’edificazione sono giunti sul posto con veicoli non motorizzati. La gente percorreva prevalentemente a piedi questi spazi urbani. Saliva in carrozza solo per le passeggiate domenicali o perché, mai stata in città, doveva recarsi in luoghi mai frequentati prima.
Questo è successo abbondantemente anche nel Novecento. Tutte le fotografie dei primi quaranta anni di quel secolo mostrano le strade libere da auto e moto. Oggi ci dobbiamo accontentare di tre o quattro episodi (le vie e piazze pedonalizzate) e comunque questo a Genova è successo con decenni di ritardo su altre città. A mio giudizio siamo ancora in grado di compiere la vera trasformazione necessaria a dare la dignità che la città si merita. A guidare le scelte però non deve essere la produzione di un reddito basato sui bisogni, ma la produzione di un servizio basato sui redditi di chi ne beneficia. Di qui la domanda: chi beneficia della città? Stiamo parlando di quella sofisticata struttura edilizia, strumentale, spaziale e funzionale che mette in poco spazio areale molte destinazioni utili alla collettività e, in aggiunta a questa, anche la residenza.
(Rinaldo Luccardini)