Mercato – La caccia ai clandestini non si addice alle Coop
X è nato in Marocco, ha studiato in Francia, ha vissuto qualche anno in Svizzera, è laureato in ingegneria. Oggi ha 31 anni ed è uno dei “clandestini”che all’alba lavorano al mercato di frutta e verdura di corso Sardegna.
Leggo con lui la notizia riportata sul Corriere Mercantile del 22 novembre: “Blitz contro i nuovi schiavi al mercato di frutta e verdura”. “Non lo sapevo, quel giorno non c’ero”, commenta, “ma non è la prima volta. Ogni tanto lo fanno, poi non cambia nulla, resta tutto come prima”. E’ la prassi, sembra. Ma quali sono le cause di questi controlli, quale l’impatto sulle persone che vengono fermate? “E’ molto semplice: il lavoro di carico e scarico al mercato è gestito da cooperative. Ma, io, commerciante, chi scelgo? Le cooperative, che hanno un certo costo e certi diritti, oppure i “clandestini”, che posso pagare qualche euro, totalmente privi di potere contrattuale in quanto per la legge neanche dovrebbero esistere? La risposta è scontata. Il problema, a questo punto, è che giustamente le cooperative non gradiscono e denunciano il fatto ai vigili o alle autorità”.
E da qui il foglio di via? E il ritorno in patria?. “No, non è così” continua tranquillo X. “Dopo il foglio di via hai 5 giorni per uscire. E non esci, naturalmente. Se ti trovano la seconda volta senza documenti c’è un anno di carcere, con la Bossi Fini. Ma i giudici generalmente non mettono in carcere i clandestini, non hanno commesso reati. A questo punto però sei costretto ad uscire, quindi bisogna fare attenzione. Ma lo scopo è raggiunto, la rivendicazione delle cooperative è stata ascoltata, tutti hanno dimostrato di fare efficacemente il loro lavoro. E ricomincia un altro giro”. Nel siparietto la merce più ricercata e il capro espiatorio coincidono, si legge nel sorriso tranquillo di X: il lavoro clandestino a prezzi stracciati, un boccone goloso tra ipocrite criminalizzazioni, sfruttamento e azzeramento dei diritti di chi lavora.
Eleana Marullo)