Cancelli chiusi al reinserimento
Agli inizi di Luglio compare sui giornali la notizia della cessazione del servizio di apertura e chiusura dei cancelli dei parchi cittadini che da tempo il Comune di Genova affidava alla Cooperativa Sociale “Liguria Lavoro”, con conseguente forte stress dei dodici lavoratori coinvolti, persone con gravi problematiche personali.
Si è poi saputo di una soluzione temporanea sino a fine anno.
Due conversazioni con don Balletto, portavoce del Forum del terzo settore, e con Angelo Bodra, presidente di Progetto Liguria Lavoro, delineano un quadro che merita attenzione.
“Liguria Lavoro” era nata il 1 Luglio del 1989 su iniziativa della federazione regionale Solidarietà e Lavoro con lo scopo di offrire lavoro a persone con varie fragilità. Il servizio di apertura e chiusura dei cancelli dei parchi era particolarmente adatto: semplice e in squadra, per cui le persone più in difficoltà potevano usufruire di un supporto e prendere dimestichezza con alcune regole basilari del lavoro: la puntualità, la diligenza nell’eseguire i compiti.
Tutto bene per tre, quattro anni. Poi, con il commissariamento del Comune del 1993, inizia ad affermarsi una visione più contabile che politica, ed anche successivamente si procede a stento: a fronte della perenne scarsità di risorse la convenzione non viene rinnovata, ma sempre prorogata alle stesse condizioni, il servizio viene sempre più “razionalizzato”, cioè viene ridotto il numero di persone per squadra, minando alla base le condizioni per l’inserimento lavorativo dei soggetti più deboli. Inoltre, dopo l’affidamento ad ASTER del servizio parchi, viene a mancare un referente istituzionale con cui affrontare il problema in una prospettiva che non sia di pura emergenza. Così ipotesi che pure vengono avanzate dalla Cooperativa per cercare di far quadrare i conti in tempi di ristrettezze (integrare il servizio con interventi manutentivi dei parchi, gestire chioschi con bibite, gelati e merendine…) non trovano lo spazio per svilupparsi.
Si vedrà a fine anno: intanto però il si sta riducendo lo spazio offerto al lavoro dei più deboli, e ciò non avviene solo per carenza di risorse, ma anche per mancanza di una progettazione sociale che guardi almeno a medio termine. Tutto si appiattisce invece su una gestione quotidiana e ordinaria.
Nel frattempo, per rispondere alle richieste di razionalizzazione (fare di più con meno persone), la cooperazione sociale sta innalzando di molto la soglia di accoglienza, e il meccanismo di esclusione, brevemente interrotto, si ripropone.
(Paola Pierantoni)